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Cambiare il mondo con un ciao

22 Ott

Sempre più frequentemente mi capita di scambiare un cenno d’intesa quando incrocio un altro ciclista sulle arterie urbane. A volte è un piccolo movimento del capo, a volte un ciao, un sorriso, uno sguardo complice. Talora il ciao parte da me, talora rispondo al saluto. Se la direzione è la stessa, magari mi ritrovo qualcuno a ruota o, al contrario, sono io a infilare la scia di un altro. E ci sono quelli con cui ti affianchi e scambi due parole e quelli con cui pedali in silenzio fino a che l’incrocio non ti divide. Perfetti sconosciuti che provano piacere nel condividere un piccolo tratto di strada, nel riconoscersi, nel sentirsi uniti dalla scelta di muoversi diversamente e di vivere diversamente la città. Mi chiedo che senso ha quel ciao. E’ un codice per iniziati? Un messaggio di appartenenza a un gruppo ristretto, a un’élite, a un’avanguardia? Un segnale di ribellione nei confronti dell’ingorgo e del rumore che ci sovrasta? Un’allegra chiamata alle armi? Niente affatto. Niente di tutto questo. Non c’è violenza né voglia di rinchiudersi in una nicchia, di creare un circolo chiuso, esclusivo e riservato.

Ci si saluta perché si scopre (o si riscopre) il senso della comunità, delle relazioni sociali e – attraverso il movimento umano in spazi che assumono un senso solo se popolati dall’uomo e non dalle macchine – si gode della bellezza e dell’armonia delle città. Lo so, sono ingenua. Non tantissimo, perché mi rendo conto della mia ingenuità, ma abbastanza per pensare che quel ciao possa contribuire a rendere meno insostenibili le nostre città, che possa addirittura essere un punto di partenza per riannodare i fili di una rete di relazioni tra le persone e che questo senso di condivisione (di un veicolo, di una strada, di un quartiere) possa sollecitare e stimolare cambiamenti positivi non solo nella mobilità, ma anche nel modo di gestire e usare lo spazio urbano e i rapporti interpersonali.

Per questo mi permetto di incoraggiare il saluto e vi chiedo di fare altrettanto. Di più: se potessi, istituirei una giornata nazionale del ciao durante la quale le persone (tutti, non solo i ciclisti), si dicono ciao quando s’incrociano per strada, si sorridono, si stringono la mano, scambiano due chiacchiere. Per scoprire che con molti di quelli che non conosciamo abbiamo ancora qualcosa da dirci e magari molte più cose in comune di quelle che ora ci separano.